Detto che ogni occasione è buona per pensare a un gioco e per scrivere un gioco, per me – che da alcuni anni sono ai margini della comunità “giochereccia” – il Game Chef è la migliore delle occasioni.
Anzitutto c’è l’elemento del contest – della sfida – che, di per sé, produce quel piccolo aumento di tensione che rende stimolante l’occasione. Poi ci sono il tema e gli ingredienti che, per un’autrice a cui manca sovente la “scintilla” sorgente sono grande fonte d’ispirazione. C’è il tempo limitato, che obbliga a finalizzare, e consente di concentrarsi sugli elementi principali, sul nucleo del gioco e dei suoi meccanismi, sul costruire qualcosa di funzionante ancorché imperfetto, sull’esplorare nuove idee e nuove dinamiche.
Ma, soprattutto, c’è la comunità. Fa un po’ sorridere che la parte più intrigante di partecipare a una gara – a questa gara particolare – sia la possibilità di sbirciare i giochi degli altri, ma è la pura verità. È una fantastica occasione di vedere il loro approccio al tema e agli ingredienti, la straordinaria diversità con cui ciascuno di noi intende il gioco, il suo fine, i suoi strumenti e i suoi meccanismi. Si può dire che da ognuno dei giochi che mi è capitato di leggere e di valutare ho imparato qualcosa, compreso ciò che non va e che non funziona, che spesso appare lampante nei giochi altrui quanto impossibile da identificare nei propri. La comunità è anche discussione, spunti di conversazione, critiche (ho molto apprezzato che le recensioni siano diventate pubbliche), nuove idee generate dalle proprie idee e che, guarda un po’, a volte sono proprio quelle che ti fanno cambiare prospettiva e aggiungere quella spezia esotica alla quale non avevi pensato e che, invece, rende il sapore rotondo e la ricetta perfetta.
E poi – che dire – una volta ho persino vinto la Pummarola Ediscion.
— Angela Caputo, vincitrice del Game Chef Pummarola Ediscion 2015 (Come un romanzo)